Iniziamo il nostro percorso di approfondimento sulle cose importanti che un imprenditore consapevole dovrebbe considerare nell’esaminare le competenze di un Recruiter (cui affidarsi per un servizio di Ricerca e Selezione personale), con un argomento di rilevanza fondamentale: le bias.
INDICE
Introduzione
Nel momento cruciale e determinante del processo di business di un’azienda in cui un imprenditore si trova nella fase dell’acquisizione di personale diventa chiaro che la scelta del candidato ideale non è un processo semplice. L’impegno infatti non è solo sull’ analisi delle competenze tecniche, ma anche su quello delle soft skills e, ancor più sul piano di quei processi mentali che, inconsapevolmente, vengono messi in atto nella ricerca , nella selezione e nella scelta finale.
E’ qui che entra in gioco la figura del Recruiter “di mestiere” cioè di colui che ha le competenze, le esperienze e quel “distacco esterno” che permette di agire in modo davvero efficace e proficuo per il nostro imprenditore .
In questa serie di articoli nati con l’obiettivo di essere strumenti concreti di supporto all’imprenditore e a coloro che, a qualsiasi titolo si occupano di Recruiting, mettiamo a punto in maniera scientifica i meccanismi della Ricerca e Selezione delle Risorse Umane. Questo processo deve creare valore e affidarsi a società specializzate, porta valore ! Si deve infatti creare un circuito virtuoso di consapevolezza, competenza e fiducia.
Nel momento in cui lo specialista HR di una società specializzata accompagna il nostro imprenditore nella ricerca e selezione di nuove risorse, le parti devono essere consapevoli di ciò che fa la nostra mente, di ciò che istintivamente si attiva e fa optare per questo o quel comportamento, questa o quella scelta. Ogni momento della valutazione è influenzata infatti da particolari meccanismi cognitivi che prendono il nome di bias. Sono processi che il cervello adotta per prendere decisioni in maniera rapida ed efficace, ma che spesso sono influenzati da giudizi interiori inconsci, da rielaborazioni personali per cui si viene a creare una realtà soggettiva molto lontana rispetto a quella oggettiva.
Quanto è importante conoscere questo fenomeno in un Recruiting affinchè scelte e decisioni siano prive di pregiudizi, possano essere oggettive, efficienti e performanti, con il risultato concreto di scegliere la figura giusta che vogliamo ?
Moltissimo ! Allora vediamolo insieme
I bias : che cosa sono

Gli psicologi Kahneman & Tversky, nei primi anni ’70, avviarono uno speciale programma di ricerca denominato “Heuristics and Bias Program”, facendo nascere e sviluppando il concetto di “Bias Cognitivi”.
L’obiettivo della ricerca era quello di comprendere in che modo gli esseri umani maturassero decisioni in situazioni di incertezza, ambiguità o scarsità di risorse disponibili. Nel 2002 a Daniel Kahneman fu assegnato il premio Nobel per l’Economia proprio «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza».
Le euristiche sono processi di pensiero automatici che aiutano il rapido raggiungimento di una soluzione nel momento in cui occorre prendere una decisione rapida in uno specifico contesto. I Bias cognitivi sono l’opposto delle euristiche, nel senso che hanno lo scopo di rendere l’essere umano “assente” rispetto alla elaborazione di certe informazioni per favorire rapidità e immediatezza decisionali.


In un certo senso i Bias sono euristiche mancate che favoriscono i pregiudizi.
“In sintesi, i bias cognitivi rappresentano il modo con cui il nostro cervello distorce di fatto la realtà. Il processo mentale che ci spinge a ricreare una personale visione soggettiva che non corrisponde fedelmente alla realtà. E’ una vera “distorsione cognitiva”
Il significato di bias in italiano è pregiudizio.
L’etimologia del termine è incerta, ma il termine pare abbia origine in Francia e nella lingua provenzale con la parola biais ovvero “obliquo”, “inclinato”.
Ma da dove nascono le distorsioni cognitive?
Nascono dal pregiudizio. Le persone costruiscono delle vere e proprie mappe mentali, degli stereotipi pregiudizievoli, in cui hanno origine i bias cognitivi. Derivano da esperienze e concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi. Quante volte al giorno ci troviamo a ragionare o a prendere decisioni per “stereotipi?!!! A volte queste strategie innate ci portano fuori strada, altre volte invece la scorciatoia scelta si rivela buona.
E’ proprio il caso dell’imprenditore che cerca personale e che “ non si accorge ”dei meccanismi che scattano e per cui è utile un supporto competente.
I bias cognitivi agganciano la nostra memoria

I processi della nostra memoria influenzano in modo significativo la percezione di un candidato. Ad esempio, quando si analizza un curriculum, si tende a ricordare più nel dettaglio alcune cose piuttosto di altre. Così il nostro giudizio si soffermerà più su alcuni elementi piuttosto che su altri, facendoci arrivare a valutazioni tutt’altro che oggettive.
In particolare la scienza ha individuato alcune distorsioni cognitive.
Effetto recency: la nostra memoria ricorda meglio le informazioni più recenti. Per questo, in fase di selezione, si tenderà a preferire l’ultimo candidato idoneo intervistato, perché più fresco nella nostra memoria.
Effetto della mera esposizione: si preferiscono le caratteristiche con cui abbiamo maggiore familiarità. Un candidato già colloquiato sarà preferito rispetto ad un altro visto per la prima volta.
Effetto primacy: la “famosa” prima impressione. Si chiama anche bias dell’ancoraggio ed è ciò che si verifica quando ci facciamo condizionare dalla prima impressione che ci dà a pelle un candidato e questo porta alla determinazione della sua valutazione. Una stretta di mano debole potrebbe diventare sinonimo di scarse doti di leadership.
I bias cognitivi guidano le nostre convinzioni

Il cervello cerca di aiutarci a prendere decisioni in modo che le nostre più profonde convinzioni vengano rinforzate. Questo ci induce a errori di valutazione. Esistono diverse bias in questi casi:
Il falso consenso : è ciò che ci porta a pensare che tutte le persone di fronte ragionino esattamente come noi e siano in accordo con quella che è la nostra visione delle cose. Questo può far intendere ad un recruiter che la scelta del candidato migliore sia quello che ha i suoi stessi interessi o i suoi stessi valori.
Stereotipi o pregiudizi impliciti : una delle più comuni distorsioni. Infatti, se ci troviamo di fronte ad un candidato con requisiti particolari, magari laureatosi presso un’università prestigiosa, tenderemo a ritenerlo più valido rispetto ad un altro che ha studiato in un’università meno famosa.
Effetto alone : Quello che la saggezza popolare identifica col motto “vedere solo ciò che si vuol vedere”. La prima impressione sarà quella conta e che influenzerà a cascata ogni altro giudizio, in positivo o in negativo. È quel bias che ci fa pensare che un candidato piacevole nell’aspetto, sia anche più competente rispetto ad altri.
I bias cognitivi influenzano il nostro giudizio

Il Recruiting: le bias come risorse e limiti

Il compito del Recruiter è quello di proporre la posizione lavorativa in modo che questa appaia appetibile, ma, dall’altro lato, si dovrebbe lasciare ai candidati la libertà di esprimere la propria identità personale e professionale. Questo per trovare il match ideale.
Alcuni bias cognitivi, però, potrebbero distorcere alcune informazioni.
Bias della straordinarietà : una buona valutazione del candidato che possiede caratteristiche che secondo noi sono straordinarie, ad esempio conoscendo lingue particolari o avendo fatto super imprese. Non è detto però che queste caratteristiche siano determinanti per il lavoro che dovrà svolgere, ma ci porteranno a considerarlo più adatto di altri.
Cinismo naïve : Le emozioni prendono il sopravvento Capita soprattutto a Recruiter junior di lasciarsi affascinare dall’eloquenza del candidato. Uno più esperto saprà benissimo che ogni competenza deve essere validata e che non basta un’ottima “performance”.
Bias dell’entomologo : ciò che si verifica quando si basa il giudizio solo su dati tecnici. Un candidato potrebbe essere bravissimo, avere delle competenze pratiche eccezionali, ma avere problemi relazionali creando criticità nell’ambiente di lavoro. Fondamentale diventa la valutazione delle soft skills.
Effetto Dunning-Kruger : accade quando una persona poco esperta in un campo tende a sovrastimare le sue competenze. Incompetenti che si sentono eccezionali.
Questi Bias e conseguentemente i pregiudizi sono difficili da sradicare, perché si crea una sorta di abitudine del cervello .

“Mentire a noi stessi è ben più radicato nella nostra anima del mentire agli altri”
Conclusioni
Appare chiaro, nella nostra guida, come sia utile all’imprenditore consapevole avere il supporto necessario di una società Ricerca e Selezione specializzata e competente. L’imprenditore deve impegnare le proprie energie e dedicare il suo tempo prezioso alla sua azienda, affidando con fiducia i compiti del Recruitment a HR professionisti che possano valutare al meglio i candidati e saper fare scelte efficaci e produttive.
Questo desidera un committente esigente, attento e puntuale!
E il Recruiter Specialist sarà al suo fianco, in grado di conoscere perfettamente tutti i meccanismi sottesi al processo di acquisizione del personale, in particolare quei processi cognitivi non visibili che determinano e condizionano le dinamiche relazionali e decisionali del processo di Ricerca e Selezione.
Utilizzando meno “scorciatoie cognitive ” sicuramente il processo di scelta del candidato ideale andrà a buon fine in tempi, con modalità e risultati ottimali.
Sono questi i risultati desiderati:
- ottenere soddisfazione sia dallo specialista in Risorse Umane a supporto delle aziende, sai dai candidati, sia dai committenti;
- creare valore a tutti gli attori del processo di Ricerca e Selezione,
- attivare sempre una comunicazione circolare e sistemica (Watzlawick,71) e una relazione positiva e proattiva ad ogni livello.
Note / Bibliografia
- Mattie Haselton, David Buss (2000), Error Management Theory
- Daniel Kahneman e Amos Tversky (1979), Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk
- Robert Kegan, Lisa Lahey (2001), The Real Reason People Won’t Change
- Johan E. Korteling, Anne-Marie Brouwer, Alexander Toet (2018), A Neural Network Framework for Cognitive Bias
- Emily Pronin (2002), The Bias Blind Spot: perception of bias in self versus others
- Paul Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson (1971), Pragmatica della comunicazione umana.